domenica 2 ottobre 2016

Un sefardita Italiano: Prof. Raymond Schinazi




"Nice to meet you, I am Italian from Naples", il banale inizio di una conversazione ad un pranzo di lavoro nel corso del Meeting Annuale dell'Istituto di Virologia Umana (Human Virology Institute -HVI) di Baltimora, fondato e diretto da Robert C. Gallo.


Raymond F Schinazi
Una conversazione che si rivelerà densa di significati sia scientifici che umani. Al mio fianco era Raymond Schinazi. Professore da più di 30 anni all'Università di Emory, fondata nel 1836 ad Oxford, Georgia-USA, ha sviluppato numerosi farmaci antiretrovirali al punto che tutti i pazienti infettati dal virus dell'HIV oggi stanno assumendo almeno uno dei farmaci sviluppati e brevettati (90 brevetti internazionali) da Ray. Ma questa ormai è già storia perché oggi grazie ai suoi farmaci più recenti si sta addirittura eradicando l'epatite dal virus HCV. Questa è la parte professionale e scientifica di un uomo che ha sviluppato con il suo gruppo e le sue ricerche farmaci cruciali per il trattamento di patologie infettive di altissimo impatto in Sanità Pubblica [2011 Hall of Fame2014 Research and Hope Award  -  2015 VA Research Currents  - 2015 Science Mag - 2015 Science News]. La sua storia ed attività scientifica quest'anno gli hanno valso il premio Lifetime Achievement Award  consegnatogli nel corso del congresso a Baltimora.


Ma Ray è anche altro. E' parte della storia dell'Italia della prima metà del '900, che dalle emigrazioni dei primi anni del novecento agli anni '60, a cavallo delle due guerre  e del ventennio Fascista, vede la delocalizzazione di intere comunità a causa di eventi bellici (quali i profughi istriano-dalmati), di recupero di aree coltivabili (quali la bonifica delle paludi pontine), di progetti imperialistici in nord-Africa (i 20'000 "rurali" in Libia del 1938).



E' proprio nell'ambito di questo contingente che i genitori (Sefarditi che vivevano a Livorno) partono per la Libia. Poi si sposteranno in Egitto e dopo l'espulsione degli Italiani da parte di Nasser l'arrivo a Napoli al campo profughi in Via  Canzanella.

E' bastato introdurre in una ricerca su Google "campo profughi canzanella napoli" per ritrovare tante storie simili (come quella della famiglia Santoro, o quella di Ciro Migliore)  storie di persone che lasciano l'Italia nel 1938 per il sogno di un pezzo di terra in Africa, che poi dovranno lasciare per l'inizio della seconda guerra mondiale 
Tante storie ....... tante vite ..... di migrazioni  e poi di profughi che tornano a seguito dell'espulsione dall'Egitto da parte di Nasser del 1960 [soprattutto di ebrei ] o dalla Libia da parte di Gheddafi nel 1970, fino ai giorni nostri.

Così in una ventina di minuti, a tavola tra un boccone e l'altro, mi si è dipanata davanti agli occhi la storia di tanti Italiani e la vicenda di un bambino, che voleva produrre antibiotici (o antivirali) che potessero salvare vite. Quelle pillole "miracolose" che non sempre le famiglie Italiane avevano potuto comprare per salvare i loro cari, come invece si spera che avvenga nella "Napoli Milionaria" di Eduardo: "Mo avimm' aspettà, Ama ..... S'ha da aspettà. Comme ha ditto o' dottore? Deve passare la nottata .... adda passà 'a nuttata".

Ray un forte grazie da parte nostra per aver lottato così tenacemente ed aver  raggiunto risultati così rilevanti per milioni di persone, soprattutto in Egitto dove, sebbene fosse dovuto andare via [2014 Financial Times Report], sta contribuendo al trattamento di migliaia di pazienti.


domenica 25 ottobre 2015

Ci ha lasciato Oreste Perrella

Giovedì 22 Ottobre 2015, ci ha lasciato Oreste Perrella nato il 30 Aprile del 1947 ad Afragola (NA).

Il Dr Perrella,è stato Direttore per più di un decenio della VII Divisione Malattie Infettive e Immunologia dell'Ospedale Cotugno; Direttore Scientifico del CeRifARC (Centro di Riferimento AIDS della Regionale Campania), Sub-Commissario Sanitario dell'ASL di Caserta.  Presidente della Società Italiana di Malattie Infettive per la Regione Campania. In tali ruoli ha sempre sostenuto l'attività clinico-sperimentale e formativa ed in particolare quella delle patologie immunosoppressive e delle neoplasie opportunistiche associate ad agenti patogeni.  

Oreste oltre alla attività sanitaria ed organizzativa, era dotato di una notevole curiosità scientifica che ha sostenuto la sua attività di ricerca, evidenziata dalle sue circa 100 pubblicazioni pubblicate su riviste scientifiche internazionali impattate. 

L'altro grande impegno di Oreste è stato l'intensa attività socio-sanitaria esplicata soprattutto a livello del volontariato svolto nel Club Lions di Ottaviano e la sua dedizione al premio Nuzio Pascale di cui era presidente, per promuovere e motivare l'attività scientifica dei giovani. XX EDizione - Ottaviano 2015 - Ordine dei Medici di Napoli Flash News (XIX edizione 2014)

Ma forse la parte più viva e toccante di Oreste sono le rime.... di Gocce di Vita:  
da questa raccolta 
Pensieri

Amo la solitudine che i miei pensieri sanno donare,
una solitudine popolata solo di sogni e felicità, ove io,
invincibile, vivo inseguito da realtà che hanno i contorni
ombreggiati di sogni infiniti, dolci come la tenera violenza
del sole sul viso di un bimbo felice e mi tiene lontano
dall'alba precoce della vita

Solo Illusioni, 1985

Vincitrice del Premio Clitumno - Terni




Oreste un abbraccio affettuoso, dovunque tu sia.


Link alla pagina web del Premio "Nunzio Pascale"

lunedì 22 giugno 2015

Patologi Oltre Frontiera - APOF

Tra le varie Associazioni e Società Biomediche Italiane che hanno tra i loro obiettivi quello di contribuire a migliorare la qualità della Sanità e lo stato di salute delle popolazioni, un ruolo particolare è quello ricoperto da Patologi Oltre Frontiera - APOF, una Organizzazione Non Governativa fondata a Venezia nel 1999 con lo scopo di realizzare progetti finalizzati allo sviluppo dell'Anatomia Patologica e della diagnostica oncologica nel Sud del mondo. 

L'APOF è nata per iniziativa di un gruppo di anatomopatologi appartenenti al Comitato attività internazionali della SIAPEC (Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologica Diagnostica), inizia la sua attività nello stesso anno, aderendo ad un progetto di creazione di un Servizio di Anatomia Patologica in Tanzania, proposto dall' "Associazione Cultura e solidarietà Vittorio Tisòn".
Nel 2001 Patologi Oltre Frontiera è stata ufficialmente riconosciuta come ONLUS, mentre nel 2006, in seguito al riconoscimento del Ministero degli Affari Esteri, è stata inserita nell'elenco delle Organizzazioni Non Governative Idonee. Nel corso di un decennio di attività, Patologi Oltre Frontiera ha realizzato progetti in Africa, America Latina, Europa e Medio Oriente. In questi anni ha, inoltre, sottoscritto accordi di partnership con diverse realtà istituzionali ed associative, sia nazionali che territoriali, italiane ed estere.


  
a cura di Agostino Faravelli  
Molti progetti sono riportati sul sito. Ma forse quello più avvincente rimane il primo condotto in Zambia che rappresenta anche il primo impegno per realizzare una attività di telepatologia, descritta magistralmente da Agostino Faravelli nel libro Parabola Africana. Le vicissitudini di quel progetto e gli interrogativi aperti saranno poi ripresi nel 2009 in una relazione dal titolo LA DIAGNOSI ISTOLOGICA PASSA ATTRAVERSO UN SATELLITE: UNA PARABOLA AFRICANA svolta al Convegno Internazionale Sopravviverà la Medicina all'abbandono della clinicadell'Associazione Medicina e Persona.
Certamente le difficoltà di una diagnosi isto-citologica in aree remote rimangono notevoli nonostante i diversi tentativi condotti negli anni sia da Isituzioni pubbliche che private, basti pensare ai progetti:

  1. Ospedali Italiani nel mondo - IPOCM, di cui rimane una flebile traccia in un report del 2004 ed un capitolo del libro Telehealth in the Developing World  pubblicato nel 2009 dall Royal Society of Medicine Press Ltd;
  2. Progetto Zambia dei Lions per l'Ospedale di Chirundu, sostenuto dal dinamico Roberto Fresia
Di notevole interesse sarà vedere l'evoluzione dei progetti che ruotano attorno all'Ospedale di Lacor, Gulu- Uganda su cui al momento convergono una serie di inziative sia del progetto GuluNap dell'Università Federico II e del progetto Uganda Lacor di APOF, che quello di EMBLEM dell'NIH.

L'Ospedale San Gallicano
Auspicabile sarebbe anche la collaborazione tra le iniziative sulle popolazioni migranti in Italia svolta INMP* di recente Istituzione  e gli Ospedali Italiani delle regioni di origine di tali migranti per l'opportuno monitoraggio delle patologie prevalenti in tali popolazioni e l'ottimale applicazione di protocolli diagnostico-terapeutici.



*  Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP) - National Institute for Health, Migration and Poverty (NIHMP)

lunedì 13 aprile 2015

Otto Heinrich Warburg, un premio Nobel ........... e Napoli

Il premio Nobel è considerato dai più come il premio alla carriera di un singolo ricercatore, di una mente brillante. Ma spesso rappresentano il riconoscimento ad una scuola, più che ad un individuo, che ha avuto solo il merito di raggiungere un risultato più visibile ed innovativo.

Uno degli esempi più noti e quello della famiglia Curie, che ha vinto 4 premi Nobel di cui uno solo a Pierre (ricevuto per la fisica con la moglie Marie Sklodowska e con Antoine Henri Becquerel nel 1903), due a Marie Sklodowska-Curie (per la fisica nel 1903 e per la chimica che vince da sola nel 1911), ed uno alla figlia Irène Joliot-Curie (per la chimica nel 1935 con il marito Frédéric Joliot). Marie Sklodowska accumula però il maggior numero di primati: è la prima donna a ricevere un premio Nobel, è l'unica donna a ricevere due Nobel in due settori diversi, è la prima donna ad insegnare alla Sorbona, subentrando al marito nell'insegnamento di fisica generale. Sarà Marie Curie a fondare i due Istituti per lo studio del radio (successivamente denominati Istituti Curie) a Parigi nel 1909 ed a Varsavia nel 1932. Muore a 67 anni per una grave forma di anemia aplastica, nel sanatorio di Sancellemoz di Passy in Alta Savoia nel 1934.  

Altro esempio di scuola insignita da vari premi Nobel è quella di Torino con i tre premi nobel Italiani in medicina: Luria, Dulbecco e Rita Levi-Montalcini [http://viral-oncology.blogspot.it/2012/02/renato-dulbecco-il-primo-virologo.html].

Un ulteriore esempio è quello di Otto Heinrich Warburg. Premio Nobel per la Medicina nel 1931 "per la scoperta del tipo e del meccanismo d'azione degli enzimi respiratori".

Otto nasce a Friburgo nel 1883, da padre ebreo e madre protestante. Il padre Emil Gabriel Warburg (9 Marzo 1846 - 28 Luglio 1931), professore di Fisica presso varie Università (Strasburgo, Friburgo e Berlino), presidente 1899-1905 della Società Tedesca di Fisica (Deutsche Physikalische Gesellschaft - DPG), amico di Albert Einstein, è il tutor e mentore di due premi nobel: James Franck, premio Nobel in fisica 1925; Hans von Euler-Chelpin, premio Nobel in chimica nel 1929, che nel 1893 a Berlino aveva avuto come docenti due altri premi Nobel: Emil Fisher (premio Nobel per la chimica nel 1902) e Max Plank (premio Nobel per la fisica nel 1918).

Otto ottiene la laurea in Chimica nel 1906 a Berlino, dove si forma presso il laboratorio di Emil Fisher (insignito in quel periodo del premio Nobel), e nel 1911 la laurea in Medicina. Negli anni 1908-1914 svolge attività di ricerca presso la Stazione Zoologica di Napoli, dove ritornerà più volte per l'amicizia che lo lega al Fondatore e Direttore Anton Dohrn ed alla sua famiglia. Gli studi condotti sui ricci di mare alla stazione zoologica gli permettono di osservare l'aumento del consumo di ossigeno nelle uova di riccio marino dopo la fecondazione ed il ruolo essenziale del ferro per lo sviluppo dello stato larvale1.

Nel 1918 è nominato professore del Kaiser Wilhelm Institute for Biology di Berlino. Nel 1931 è insignito del premio Nobel, e di lì a poco diviene Direttore del Kaiser Wilhelm Institute for Cell Physiology, fondato l'anno prima con una donazione della Rockfeller Foundation. Il premio Nobel gli fu assegnato dopo aver ricevuto ben 46 nomination di cui 13 nel solo anno 1931.

Nel 1924 Warburg aveva anche ipotizzato che le neoplasie e la crescita neoplastica siano causate da cellule tumorali che producono energia (con la produzione e l'accumulo di ATP) a seguito del catabolismo non-ossidativo del glucosio (glicolisi) che si arresta alla produzione di acido piruvico e la consegnuente ri-ossidazione dell'NADH ad NAD nel processo denominato di fermentazione o di respirazione anaerobica. Tutto ciò in contrasto con le cellule sane in cui prevale la produzione di energia dal processo ossidativo aerobico del piruvato prodotto per glicolisi del glucosio nella fase anaerobica della respirazione cellulare. La scissione del piruvato avviene nei mitocondri, e quindi per Warburg le neoplasie potrebbero essere definite una patologia del mitocondrio2.

Altri suoi collaboratori negli anni successivi sono stati insigniti del premio Nobel, in particolare Hans Adolf Krebs, che ha studiato ed identificato il ciclo dell'acido citrico (per cui è insignito del premio Nobel  per la Medicina nel 1953), ed Axel Hugo Theodor Theorell, che ha studiato gli enzimi ossidativi e riceve il premio Nobel nel 1955.

Di certo Otto ha avuto un ambiente di vita ed opportunità di lavoro che gli avrebbero permesso in ogni caso di raggiungere traguardi scientifici altissimi, ma l'esperienza alla stazione biologica di Napoli ed i suoi studi sul metabolismo dell'ossigeno hanno verosimilmente determinato lo stimolo e fornito gli strumenti per i suoi studi successivi e quelli di vari altri ricercatori, fino ai nostri giorni. Basti pensare che lo sviluppo della recente Tomografia ad emissione di positroni (18-FDG PET) è basato proprio sul principio della peculiare glicolisi anaerobica delle neoplasie, scoperta e brillantemente caratterizzata da Otto Warburg: un ebreo di cui nemmeno il regime nazista potè fare a meno.



1 Über die Rolle des Eisens in der Atmung des Seeigeleis nebst Bemerkungen über einige durch Eisen beschleunigte Oxydationen m. Abb. (Sitzungsber. Heidelberger Akad. Wiss. math.-nat. Kl B Heidelberg, 1911) (Trans: Ruolo del ferro nella respirazione delle uova dei ricci di mare e commenti sulla accelerazione dei processi ossidativi da parte del ferro. Proceedings of the Heidelberg Academy of Sciences Heidelberg 1911.)
2Ideen zur Fermentchemie der Tumoren (Abh. der Deutschen Akad. der Wissenschaften zu Berlin. Math-naturwissenschaft. Kl 1947, Berlin 1947) (Trans: Theses on the enzymatic chemistry of Tumors. Proceedings of the German Academy of Sciences in Berlin. Math and natural science. Kl 1947, Berlin 1947)

domenica 11 gennaio 2015

Ebola: La "piaga" dell'era moderna.

Sembra anacronistico parlare di "piaghe", che fanno pensare alle punizioni divine sull'Egitto per il mancato rilascio degli ebrei da parte del Faraone con la morte del bestiame (Es 9, 1-7) e con le ulcere agli uomini ed al bestiame (Es 9, 8-11), o alle saette "di peste" che Apollo scaglia sugli Achei per l'offesa a Criseide, figlia di Crise, sacerdote di Apollo (Iliade 1, 8-56). Ma anche nel medioevo peste e carestie erano spesso considerate punizioni divine ed attribuite alle popolazioni ebraiche, come nel caso della peste nera del 1347-1353.

L'ebola, invece è più prosaicamente associata ad un virus della famiglia filoviridae, trasmesso a primati umani (e non) da animali apparentemente non suscettibili all'infezione, quali i pipistrelli ed i granchi [nel caso del Reston Ebolavirus].

Alla famiglia dei Filoviridae appartengono tre generi, di cui il Cuevavirus (isolato in cave Spagnole e frequente in Europa) che sembra ristretto ai pipistrelli; il Marburgvirus presente tra i pipistrelli della frutta e patogeno per i primati, molto poco per l'uomo; l' Ebolavirus comprendente 5 specie con diversa patogenicità nell'uomo (quasi assente nel Reston Ebolavirus): 
     
L'analisi filogenetica mostra chiaramente la netta separazione tra ebolavirus e marburgvirus. E' inoltre evidente la differenza tra la specie del virus dell'epidemia del 2000 nel distretto di Gulu nell'Uganda Settentrionale, adiacente al Sudan (Sudan ebolavirus), e quello dell'epidemia del 2002 nel distretto di Bundibugyo nell'Uganda Occidentale, adiacente allo Zaire (Bundibugyo ebolavirus).

L'analisi filogenetica del virus Ebola circolante dovrebbe permettere di predire la patogenicità della epidemia in corso e di programmare le più idonee misure sanitarie da implementare per fronteggiarla. Inoltre lo studio comparativo dei vari ceppi/specie potrebbe permettere di chiarire i meccanismi patogenetici e l'identificazione di strategie terapeutiche appropriate.

La corrente epidemia di Ebola dell'Africa Orientale è associata al virus dello Zaire (l'attuale Republica Democratica del Congo- DRC), come riportato su Science di Agosto 2014. L'epidemia si sarebbe diffusa dopo l'infezione di un bambino di due anni in Guinea nella regione di Guéckédou in cui confinano tre nazioni: Guinea, Liberia e Sierra Leone.

      Distribuzione dei primi casi










La seguente animazione mostra come si sia diffusa l'epidemia in una ricostruzione fatta dalla WHO.


I dati attuali più recenti dell'epidemia sono disponibili al sito della CDC, suggerendo una mortalità di circa il 50% dei casi confermati in laboratorio:

Total Cases: 21121
Laboratory-Confirmed Cases: 13408
Total Deaths: 8304
As of January 7, 2015 (Updated  on January 9)
www.cdc.gov/vhf/ebola/outbreaks/2014-west-africa/

Sul sito della CDC è anche schematicamente descritto come ridurre la probabilità di infezione:
http://www.cdc.gov/vhf/ebola/pdf/west-africa-outbreak-infographic.pdf   

Altri dati sull'epidemia sono disponibili ai seguenti siti:

  1. The New York Times sull'epidemia in Africa;  
  2. The New York Times casi al di fuori dell'Africa ;
  3. BBC: l'Ebola in Africa;
  4. CDC: i casi diagnosticati in USA
  5. WHO: l'epidemia di Ebola
e dall'Italia:
  1. Gestione dell'Ebola in Italia allo Spallanzani


domenica 6 luglio 2014

The Breakthrough Prize: Il premio per gli avanzamenti scientifici

La nostra corrente era tecnologica, continuamente stravolta da nuove scoperte e rivoluzioni tecnologiche, ha sviluppato un nuovo premio adeguato ai tempi: Il premio per le scoperte rivoluzionarie.

La motivazione di questi nuovi premi è ben descritta sul sito web:
La conoscenza è la principale ricchezza dell'umanità: definisce la nostra natura e modifica il nostro futuro. ... Le discipline che si pongono le domande più rilevanti e che trovano le spiegazioni più critiche costituiscono le scienze fondamentali. I premi per gli avanzamenti premiano prioritariamente le scoperte ottenute in Fisica, Bio-Medicina e Matematica. I premi sono stati fondati da Sergey Brin ed Anne Wojcicki, Mark Zuckerberg e Priscilla Chan, Yuri e Julia Milner. Commissioni costituite dai vincitori delle precedenti selezioni nominano i vincitori tra i candidati nominati con un processo online aperto al pubblico. Ciascun vincitore riceve 3 milioni di dollari USA$. Inoltre i vincitori sono premiati nel corso di una cerimonia televisiva che celebra i loro risultati e motiva le future generazioni di scienziati. Come parte della cerimonia di premiazione i vincitori sono coinvolti in una serie di convegni e di tavole rotonde. Quelli che continuano a raggiungere altre scoperte continuano ad essere eleggibili per ulteriori  Breakthrough Prizes.

Tra i primi 11 vincitori del Breakthrough Prize in Life Science Research - ricerca BioMediche ( ciascuno premiato con 3 milioni di USA dollari per Groundbreaking Achievements) è il Professore Eric S. Lander, uno dei leaders del Progetto sul Genoma Umano, che ha permesso di sequenziare l'intero genoma umano, fondatore del Broad Institute, il centro di ricerca biomedica e genomica spesso descritto come la Disneyland degli scienziati.

Lander è stato anche uno dei principali promotori del MITOPENCOURSEWARE all'Istituto di Tecnologia del Massachusetts (il leggendario MIT), dove svolge un corso di Biologia full immersion  che ripercorrendo le tappe scientifiche rivoluzionarie dell'ultimo secolo descrive i risultati ottenuti e come siano stati raggiunti.


Numerose sono le congratulazioni ricevute dal Dr Lander, anche sul web, per i suoi risultati scientifici e la sua dedizione al supporto della prossima generazione di scienziati ed alla loro motivazione a perseguire una carriera volta a traguardi scientifici.

venerdì 25 aprile 2014

Trentesimo Anniversario dalla comunicazione della scoperta del virus dell'HIV

Intervista a Robert C. Gallo, MD, Direttore dell’Istituto di Virologia Umana (Institute of Human Virology-IHV) della Facoltà di Medicina dell’Università del Maryland, Baltimora-USA e Direttore Scientifico del Network Globale di Virologia (Global Virus Network-GVN)


Prima dell’AIDS lei ha identificato e studiato il primo retrovius umano, il solo virus finora conosciuto come causa di leucemia. Quale ricerca trova più difficile ed interessante quella sul cancro o quella sull’AIDS?
Le due ricerche sono simili. La ricerca oncologica, però, è più complicata perché include molte patologie differenti. Nella ricerca sull’AIDS, si ci concentra su una singola causa eziologica – il virus HIV- per cui c’è la possibilità di condurre studi completi sui vari aspetti. In oncologia, invece, ciascuna patologia neoplastica deve essere analizzata individualmente come una malattia diversa in cui si cercano degli aspetti comuni ad altre patologie neoplastica, che solo di recente stiamo cominciando a conoscere. Per questo motivo i due tipi di studi rappresentano due sfide scientifiche diverse. Inoltre vorrei precisare che noi lavoriamo anche in oncologia, in particolare siamo molto focalizzati sulle patologie oncologiche che presentano una notevole incidenza nei soggetti che sono infetti dal virus dell’HIV.

Quando riflette sui 30 anni trascorsi dalla scoperta dell’AIDS le tornano alla mente più frequentemente i moment difficili o quelli esaltanti delle scoperte?
Certamente pochi periodi della mia vita sono stati così esaltanti e difficili allo stesso tempo. Il primo è avvenuto prima dell’AIDS quando cercavamo di dimostrare che anche gli uomini possono essere infettati da retrovirus. E’ stato necessario circa un decennio per poter dimostrare la presenza dell’HTLV-1 (il virus umano linfotropico delle cellule T) che causa una leucemia a cellule T (ATL) e meno frequentemente una patologia neurologica: mielopatia o paraparesi spatica tropicale (HAM/TSP). L’HTLV-1 è prevalente soprattutto in America Latina ed in Giappone, più che nei Paesi Occidentali. Ma il provare l’esistenza dei retrovirus umani (prima della scoperta dell’HTLV-1 e HTLV-2) è stata lunga,  difficile ed in alcuni periodi frustrante.
Per l’HIV, le difficoltà e la frustrazione cominciarono nel 1982 e nei primi mesi del 1983 per dimostrare che il retrovirus ora conosciuto come HIV fosse la causa dell’AIDS. I primi dati preliminari furono ottenuti nel 1982 ed ulteriori evidenze furono acquisite nel 1983, ma non c’erano i dati di certezza che il nuovo retrovirus fosse la causa dell’AIDS. Questo risultato richiese molti studi e la messa a punto di nuove tecnologie, sviluppate nel nostro laboratorio, con cui acquisire sufficienti informazioni per convincere il mondo intero che mostrava una notevole reticenza ad accettare tale possibilità. Le scoperte scientifiche non sono facilmente accettate se non sono validate da sufficienti prove scientifiche e soprattutto confermate da altri laboratori. A tale proposito, quando sviluppammo il test diagnostico sierologico noi eravamo ben consci che l’indagine sierologica avrebbe facilitato l’associazione del virus HIV con l’AIDS, poiché era una tecnica facile da eseguire in qualsiasi laboratorio clinico del mondo. Tuttavia l’associazione tra infezione da HIV e malattia di AIDS non avvenne in tempi brevi. L’associazione fu verificata nel corso di un anno e mezzo, con il graduale accumulo dell’identificazione del virus dell’HIV negli ammalati di AIDS.

Ci sono stati dei momenti nel corso dei suoi studi sull’AIDS  quando ha pensato “abbiamo risolto il problema?”
Certamente c’è stato un momento chiave nel nostro lavoro. Questo fu l’autunno del 1983 quando noi scoprimmo come isolare e coltivare in modo continuo e permanente l’HIV in colture cellulari. Questa scoperta ci permise in brevissimo tempo di produrre larghe quantità del virus con cui mettere a punto un test diagnostico sierologico. Inoltre l’avere a disposizione grandi quantità del virus ne permise la sua caratterizzazione genetica e la identificazione delle sue proteine strutturali e funzionali.

Come si è sentito da ricercatore catapultato nel mondo finanziario e politico?
Come per molti giovani medici, la mia vita è stata dedicate allo studio. Ho avuto poche attività non correlate allo studio. Sono andato all’Università, alla Facoltà di Medicina, e poi mi sono dedicato all’ematologia oncologica nel periodo della specializzazione. Dopo questo lungo periodo di formazione sono andato all’Istituto Nazionale dei Tumori (National Cancer Institute – NCI, Bethesda, USA) dove alla componente clinica ho associato la ricerca sperimentale, a cui poi mi sono dedicato a tempo pieno. La mia esperienza di vita pratica era molto modesta. Ero stato fortunato che mio padre si fosse preso cura degli assilli quotidiani e che non avessi dovuto preoccuparmi di nulla. Poi improvvisamente cominci a studiare una malattia, in cui tu incontri i pazienti – quella era una novità a cui non ero preparato. Secondo, incontri attivisti, che accusano medici e politici di fare poco per questa malattia e per fermarne la diffusione. Terzo, incontri i politici. Quarto, incontri persone famose. Quinto, ti vengono chieste le tue opinioni su cose di cui non hai alcuna conoscenza. Non sei un esperto di tutto, anzi la tua conoscenza scientifica è limitata a pochi argomenti, ma al contrario ti fanno domande su argomenti che tu ignori. Inoltre tu sei proiettato nel mondo legale su aspetti legati ai brevetti. Come si potrà immaginare il tutto mi incuteva un po’ di timori.

Pensa che ci sia soddisfazione ed autocompiacimento sui risultati ottenuti sull’HIV?
Sì, c’è molto autocompiacimento oggi – è ovvio, ed è comprensibile perché abbiamo una terapia molto efficace. Inoltre le iniziative di case farmaceutiche di Brasile Cina ed India, di introdurre farmaci generici, hanno permesso di introdurre farmaci a basso costo in tutti i Paesi, rendendo possibile il trattamento antiretrovirale anche nei paesi in via di sviluppo.
Dopo aver espresso la nostra soddisfazione sui risultati ottenuti, però bisogna ribadire che l’infezione da HIV e l’AIDS non si possono curare. I pazienti vivono meglio e più a lungo, ma hanno ancora il virus nel loro organismo e la loro aspettativa di vita è ancora un pò più corta dei soggetti non infetti, hanno un maggiore rischio di patologie oncologiche e cardiovascolari. Per cui il problema non è ancora del tutto debellato anche per i pazienti che sono sottoposti ad una terapia ottimale. Poi non bisogna dimenticare che molti pazienti non ricevono cure adeguate. Anche negli USA viene riportato che solo il 20% segue accuratamente lo schema terapeutico più idoneo.

Perché I giovani debbono temere l’HIV ancora oggi?
Ovviamente I farmaci antiretrovirali non risolvono del tutto il problema dell’infezione da HIV, ma ne migliorano la vita trasformando una infezione acuta in una infezione cronica. Il virus non è stato debellato e noi siamo ancora a rischio di infezione. Se ti infetti devi assumere farmaci anti-retrovirali per il resto della tua vita. A chi piace questa realtà? Alcuni farmaci hanno effetti collaterali, anche se non seri. Inoltre, come ho già ricordato, c’è una incidenza maggiore di patologie neoplastiche e cardiovascolari, ed una aspettativa di vita più breve. Per tutti questi aspetti si dovrebbe evitare l’infezione da HIV e si dovrebbe prevenirla.

L’AIDS ha cambiato l’attitudine generale verso I problemi delle minoranze?
Sì, credo che ci sia stato un cambiamento di attitudine. Penso che una delle conseguenze positive della terribile storia dell’AIDS è la maggiore comprensione delle differenze personali in ambito sessuale. C’è anche una maggiore comprensione delle differenze tra le popolazioni Settentrionali, Meridionali, Occidentali ed Orientali del globo, ed una maggiore cooperazione. Inoltre si stà ponendo più attenzione ai diritti delle donne.

Lei crede in una terapia “funzionale”, ma non in una cura virologica. Quali sono le differenze tra le due?
Non credo che ci sia alcuna promettente strategia per una cura virologica totale. Eccetto, in teoria, con alcune terapie geniche, che però è una strategia molto improbabile su scala mondiale – probabilmente potrebbero essere usata per alcune persone selezionate, ma anche in quel caso non sappiamo se siano de tutto sicure. Per tale motivo non sperpererei finanziamenti in quella direzione. E’ una strategia difficile perché ci sono cellule che sono infettate in modo latente, difficili da trovare, che vivono per lunghi periodi e che periodicamente rilasciano il virus. Sembra che indipendentemente dall’intensità del trattamento, quelle cellule rimangono nell’organismo e saranno sempre lì. Non credo che sarà possibile eliminarle tutte. Né penso che sia necessario.
Cura funzionale, invece, significa che una persona infetta da HIV potrebbe mantenere il virus soppresso senza dover ulteriormente assumere anti-retrovirali. Penso che questo risultato sia possibile e che verosimilmente sarà ottenuto nei prossimi 5-10 anni.

La comunità scientifica ha più volte sostenuto che la cura dell’AIDS avverrà per il 2020. Pensa che sia un obiettivo raggiungibile su sala globale?
Sì penso che sia raggiungibile se stiamo parlando di una terapia funzionale. Se invece si sta parlando di una cura virologica penso che sia un obiettivo non realistico. Se un ricercatore afferma di credere in una cura virologica completa per il 2020, io penso che tale ricercatore non sa di cosa stia parlando.

Quali sono stati I tuoi contributi scientifici rispetto a quelli del gruppo francese? Cosa pensa della decisione del comitato del Nobel 2008?
Noi abbiamo dato l’avvio all’intero settore della retrovirologia umana con la scoperta del primo retrovirus umano, l’HTLV-1, e del secondo, l’HTLV-2. Noi abbiamo stabilito il nesso di causalità tra HIV e l’AIDS. L’articolo scientifico del Dr. Montagnier è stato certamente il primo  a descrivere un retrovirus diverso da quelli scoperti da noi in precedenza. L’articolo del Dr. Montagnier precede il nostro per la descrizione del virus che successivamente sarà dimostrato essere l’agente causale dell’AIDS. L’associazione dell’HIV con l’AIDS è stato fatto da noi nei primi mesi del 1984. Avevamo 48 isolati virali diversi di HIV ottenuti da 48 differenti pazienti e noi fummo in grado di dimostrare che l’HIV era la causa dell’AIDS. Inoltre sviluppammo un test diagnostico sierologico, che fornì una ulteriore conferma che l’HIV era la causa dell’AIDS. Dr Montagnier ed io abbiamo pubblicato insieme ed abbiamo avuto pochissime divergenze. Abbiamo pubblicato insieme da coautori (Montagnier e Gallo) sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, e più recentemente sulla rivista New England Journal of Medicine (Gallo e Montagnier) sulla scoperta dell’HIV come causa dell’AIDS. Il comitato del Nobel è composto da 4 o 5 signori Svedesi – è la loro decisione (non della comunità scientifica mondiale). Mi sono offeso? Sì e anche molto sorpreso della loro decisione. Ma non mi lamento – molte nazioni nel mondo mi hanno reso onore attribuendomi molte onorificenze con o senza il mio collega Dr. Montagnier. Tra i premi ricevuti – che sono più di quanto avessi mai potuto auspicarmi- c’è il premio Paul Ehrlich, la massima onorificenza scientifica tedesca, quella giapponese, il premio spagnolo Prince Asturia, il premio americano Lasker Award, che ho ricevuto due volte. Ho anche ricevuto la massima onorificenza israeliana Dan David Prize e quello canadese Gairdner Award.

Quali sono i suoi sogni da realizzare ancora?
Il mio attuale sogno in ambito organizzativo è di lasciare un eccezionale Istituto di ricerca – l’Istituto di Virologia Umana della Facoltà di Medicina , Università del Maryland – che ho contribuito a fondare. Il secondo sogno è di lasciare in eredità il Network Globale di Virologia (the Global Virus Network, GVN), che ho co-fondato, tre anni fa.

Da ricercatore il mio sogno è di acquisire una maggiore conoscenza delle cause del ruolo delle patologie infettive nella patogenesi delle neoplasie. Finora ne ho trovato qualcuna. Con I miei colleghi ho scoperto 5 virus con potenzialità oncogena. Vorrei trovare ulteriori associazioni di agenti infettivi e neoplasie e vorrei dimostrare che hanno un ruolo determinante nelle neoplasie umane. Anche per l’AIDS ho un obiettivo. Vorrei vedere una cura funzionale dell’HIV e vorrei che l’IHV vi contribuisse. Inoltre io spero che il nostro modello vaccinale possa essere importante nel fare avanzare le nostre conoscenze vaccinologiche verso il vero traguardo di un vaccino preventivo efficace contro l’HIV. Lo studio clinico di fase I basato sul nostro modello vaccinale dovrebbe prendere l’avvio entro la fine del corrente anno o nei primi mesi del prossimo anno.

Traduzione dall'intervista originale pubblicata sul blog del giornale IAC - Infectious Agents and Cancer